

Una camicia Made in America
(47 al Glen)
Una camicia.
Una camicia per una corsa.
Improvvisamente, ho pensato che le spiagge della Florida avessero trovato asilo politico sulle rive dei Grandi Laghi americani.
Tutto a posto.
Solo Roberto in track walking lungo la pista del Glen. Dio se spara quella papaya al tramonto…Come McLaren 50 anni fa, a inventarsi una tinta per le proprie vetture da corsa che uscisse dal tubo catodico e fosse visibile negli specchietti degli avversari. Successe a Elkhart Lake nel Wisconsin. Prima gara del campionato Can-Am ‘67. 3 settembre. Il primo successo stagionale di un dominio che non avrebbe lasciato spazio agli avversari in stagione. Per quella tinta destinata a essere leggenda neozelandese per un inimitabile marchio d’automobili.
Il posto giusto insomma.
Per osare l’inosabile.
Perché il Glen non perdona. È una bestia d’asfalto con curve cieche e dossi repentini. Dovesse vacillare la convinzione nei propri mezzi sarebbe davvero il posto sbagliato per tentare abluzioni amletiche della mente. Sarebbe strizza pura per camicie d’altro genere, probabilmente a righe larghe.
Molto larghe.
Invece le facce sono quelle giuste.
Giorgio che in prova si spreme come sempre. Fuoco che corre in ogni dove attraversando campionati GT come se piovesse… senza distinzioni di sorta. E poi Roberto. Perennemente insoddisfatto come ogni capitano di ventura che si rispetti.
“Meglio di P5”
Gli scrive un amico.
Eppure so già che un “l’è tutto da rifare” di bartaliana memoria sarebbe pronto all’uso, dopo una gara come questa 6 Ore del Glen.
Come una camicia made in America. Color papaya.
Ciao ragazzi. Vi voglio bene.
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