

Quel transatlantico a
Le Mans
(130 giorni a Le Mans)
A Le Mans arriva la notte.
E chi se la dimentica.
La SQUAD in servizio. La ruota panoramica. Don Fabrizio il mio auriga podistico vuol portarmi lì, se non fosse che devo pur sempre scrivere un libro e qualcosa di questa Le Mans bisogna che racconti.
Vacca boia…
Il Rex di Fellini in “Amarcord” davanti ai miei occhi. 60 box illuminati a giorno nel pieno della loro attività. Chi entra, chi esce. L’ora di punta a Corso Buenos Aires a Milano. Un immenso transatlantico brulicante di vita. Con un colpo d’occhio intravedo i ragazzi Cetilar.
Qualcosa, continua a non tornare. Trevisan il capotecnico gesticola convulsamente.
Bestemmie mute.
O chissà cosa.
Alla ruota panoramica preferisco il paddock. Entro in Hospitality. Caffè e facce stanche. Serna guarda distrattamente la televisione in un clima surreale. Tra il rombo della auto fuori e il quasi silenzio di quel luogo di ritrovo.
“ Andiamo?”
Mi fa.
Verso i box. Io a piedi lui in bici.
“Allora?”
Mi parte una litania inspiegabile nel spiegargli le cose che avevo visto. La sua partenza e quello che della macchina non mi convinceva.
“ Niente è stato facile fino adesso”
Il sangue mi si gela alla velocità della luce e non ho più voglia di dire nulla, nel momento in cui capisco di aver pisciato fuori dal vaso.
Le Mans è un mondo perfetto.
Ogni cosa finisce per andare naturalmente al suo posto.
Anche nell’attraversare un paddock.
Per entrare nel box di una squadra.
Che sta disputando la 24 Ore di Le Mans.
Quel transatlantico a
Le Mans
(130 giorni a Le Mans)
A Le Mans arriva la notte.
E chi se la dimentica.
La SQUAD in servizio. La ruota panoramica. Don Fabrizio il mio auriga podistico vuol portarmi lì, se non fosse che devo pur sempre scrivere un libro e qualcosa di questa Le Mans bisogna che racconti.
Vacca boia…
Il Rex di Fellini in “Amarcord” davanti ai miei occhi. 60 box illuminati a giorno nel pieno della loro attività. Chi entra, chi esce. L’ora di punta a Corso Buenos Aires a Milano. Un immenso transatlantico brulicante di vita. Con un colpo d’occhio intravedo i ragazzi Cetilar.
Qualcosa, continua a non tornare. Trevisan il capotecnico gesticola convulsamente.
Bestemmie mute.
O chissà cosa.
Alla ruota panoramica preferisco il paddock. Entro in Hospitality. Caffè e facce stanche. Serna guarda distrattamente la televisione in un clima surreale. Tra il rombo della auto fuori e il quasi silenzio di quel luogo di ritrovo.
“ Andiamo?”
Mi fa.
Verso i box. Io a piedi lui in bici.
“Allora?”
Mi parte una litania inspiegabile nel spiegargli le cose che avevo visto. La sua partenza e quello che della macchina non mi convinceva.
“ Niente è stato facile fino adesso”
Il sangue mi si gela alla velocità della luce e non ho più voglia di dire nulla, nel momento in cui capisco di aver pisciato fuori dal vaso.
Le Mans è un mondo perfetto.
Ogni cosa finisce per andare naturalmente al suo posto.
Anche nell’attraversare un paddock.
Per entrare nel box di una squadra.
Che sta disputando la 24 Ore di Le Mans.
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