

Serna dentro
il
bosco
(127 giorni a Le Mans)
“ Caffè?? ”
Il mio mantra personale in quella notte bellissima.
Dovevo arrivare a Mulsanne. Tre chilometri ad andare e tre a tornare. E la 47 sempre là. Oltre il confine del guard rail in pista.
Che bella Mulsanne. Scali tre, quattro marce e poi giù in una piega a destra in leggera discesa verso Indianapolis con la macchina che ti esce in sovrasterzo.
Il cofano nero della 47 è sempre lì. Fari accesi nella notte.
Col fresco della notte, al box sembra che abbiano preso un’altra macchina per correre.
Il comportamento della vettura è cambiato completamente. A turno vedo Giorgio, Roberto e Felipe alternarsene alla sua guida. Dentro di me penso che Serna…sì. Anche lui avrebbe un gran bisogno di fare una Le Mans indimenticabile.
E forse da solo, in quei turni di guida notturni ci sta riuscendo.
Diciassettesimi assoluti. Tredicesimi di classe. Hanno pure recuperato qualcosa. Ma il vero recupero, credo a ragione stia avvenendo altrove. Dentro l’animo di un pilota.
Ancora ferito.
Ho perso il conto di quanti “Dai” abbia detto mentalmente a Giorgio, per ogni volta che me lo vedevo passare davanti.
Dai, che devi tornare a essere veloce.
Dai.
L’ennesimo. Da palpitazioni silenziose.
Alle quattro e mezza l’alba prende il sopravvento. La 47 gira come un orologio svizzero.
Dai.
Dai che si recupera un’altra posizione in classifica.
E l’anima di un pilota.
Come il mio amico Serna.
Col suo casco rosso e blu nella notte.
Dentro al bosco di Mulsanne.
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