Prima di quei giorni

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Prima di quei giorni

 

(139 giorni a Le Mans)

 

“Le jours tristes.”

Giorni sospesi. La scritta pausa sul registratore, in attesa di vivere.

Non parlo francese. Ma per descrivere quanto abbia vissuto a Le Mans mi servirebbe proprio.

C’est arrivè. È capitato. Non che Le Mans nella mia vita abbia chiesto permesso. Mi ha semplicemente chiamato. Insieme a tanto altro. Con la voce di altri. Di commissari di gara, appassionati di endurance e motorsport.

Allora ? Come ci organizziamo? Solito. All’italiana.  A.A.A.  Autogestione autonoma acquisita. Quattro commissari di gara e un libro da scrivere sulla 24 Ore più famosa del mondo. Carta bianca. Come fosse un’immensa tela ancora da dipingere. Un bianco dipinto d’immensi scarabocchi, che, come in tutti i grandi viaggi dell’umanità nascono semplicemente nei luoghi più improbabili e improvvisati.

Da quel giorno il bar del mio amico Luca è stato il primo punto, la mia isola felice da cui partire per quel viaggio francese. Ricordo che tra una birretta e uno spritz volavano biglietti aerei e tabelle orarie come si fosse tutti quanti all’interno di una sala corse. E poi c’era Tom, l’avvocato che di quelle poche parole spese davanti allo schermo del proprio computer deteneva il fascinoso potere dell’arringa perfetta, con Lore che da esperto contabile teneva già di conto prima ancora che si fosse percorso un solo metro in terra di Francia.

Allora quanto Fa?

Quarta nota del Pentagramma. Fa tanta roba. E giù un socmél del mio barman come piovesse mohito gratis dal cielo, anzi…

Mohitò…

C’est plus facile.

Denny teneva le gambe sospese nel vuoto, appoggiandole ai braccioli della sedia, confidando che l’avvocato non avesse dimenticato qualcosa nel redigere quella “pratica” di volo.

Tutto a posto?

Oui Oui. Un altro po’ Ricky armeggiando col telefono, grazie all’ Air France sarebbe finito in Cina…Un hacker mancato Riccardo. Fortuna faccia altro nella vita, nel regalare a tutti noi la gioia di un caffè espresso.

Pratica svolta e ampiamente conclusa. C’è tempo per qualche filmato. Oltre 350 all’ora. L’Hunaudierès fa davvero impressione.

Succhiamelo…” Se un bolognese declina un socmél in italiano la cosa è seria per davvero. Al mio barman Luca non era sfuggita la velocità sul tachimetro dentro al frastuono di una Porche 962.

Quello era L’Hunaudierès.

Ancora non avevo capito cosa mi stesse attenendo.

La SQUAD continuava a ripetermelo in continuazione.

Per capire Le Mans bisogna esserci stato.

Era solo questione di qualche mese e poi avrei capito per davvero.

Coi miei occhi.

Davanti al fascino sublime, di una corsa.

Con un secolo di storia alle spalle.

 

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