Prima che sia troppo tardi

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Prima che sia troppo tardi

 

Buongiorno a lor Signori.

Innanzitutto ci tengo sin d’ora a porgere le mie scuse per avervi inviato questa mia, scritta ancora di pugno con l’ausilio della mia stilografica, che mille e più contratti ha siglato negli ultimi 75 anni dando vita a carriere immense o a tristi addii. Come dicevo, mi scuso, ma alla mia età non sono avvezzo all’utilizzo di plastiche tastiere e lucidi telefoni o altri dispositivi di comunicazione in uso oggi.

Vi scrivo, mentre da dietro la mia scrivania scorgo fuori dalla finestra della mia abitazione gli squarci di un tracciato parzialmente celato dalla ormai già nebbiosa solitudine di questo inizio d’autunno. Mi giunge voce che nella capitale francese si sia presa una decisione molto importante nell’ambito del motor sport. Storie di sanzioni e di fatture, roba più da contabili che da cavalieri del rischio. Devo dire che nutrivo molta umana curiosità, quasi “femminile” direi, nel venire a conoscenza di siffatte sanzioni al riguardo di fantomatici Rossi Tauri e non solo. E lo dico da diretto interessato perché nel mio incedere nel tempo anch’io ho dedicato grandissima parte della mia vita diurna e notturna intrecciando il mio tempo con quello di autovetture dalle molteplici forme e dimensioni.  Ho armeggiato con potenze motori, bielle rumori e odori che sono l’anima di questo sport,  sin da quando l’infanzia ha lasciato il posto alle pesanti responsabilità. Credo di aver avuto molto da questo sport e al tempo stesso  anche lui ha preteso tanto da me.  Forse troppo. Ho vissuto a braccetto con i trionfi e le disfatte. Con le impennate della vita e le notti insonni della morte. Ho conosciuto il dolce sapore della fama e della vittoria e l’acre gusto delle accuse e della disperazione. Ho vinto, ho perso. E l’ho fatto in molti modi e in tutti i paesi del mondo. Ho sfidato le auto di tutto il mondo in tutte le piste, in tutte le categorie in qualsiasi stato e condizione. Gare polverose, gare che salivano un monte o risalivano una nazione. Gare fatte in ore in minuti o in giorni. E in tutti questi anni ho assistito, sinché gli occhi me l’hanno concesso, a battaglie epiche tra uomini e macchine. Imprese dove a volte arrivare vivi al traguardo era la vera vittoria. Ma in tutto questo vissuto sin dagli inizi, da quelli direttamente partecipati a quelli narrati degli ultimi lustri, una cosa non ho mai fatto mancare e ho sempre preteso dai miei rivali. Una cosa cruciale. Essenziale. Vitale.  IL RISPETTO. Ora, lor  signori che celano grandi poteri  dietro una scritta, FIA, (roba da guerra fredda) da quel che leggo e sento hanno cancellato tutto ciò dal mondo al quale sono appartenuto.

E quello a cui devo assistere ora è un universo  spazzato via da dei burocrati senza amore per l’odore delle gomme e della benzina. In altri anni della mia vita avrei agito in modo più feroce e sanguigno. Sentimenti tipici della mia terra. Avrei gettato nel vento della comunicazione minacce di abbandono o migrazione  in altri palcoscenici, ma ormai sono troppo stanco. Certe lotte non fanno più per me. O magari semplicemente certe battaglie non si possono più combattere, non ha più senso combatterle. Dopo tutto ormai dello sport che ho amato poco è rimasto.

Forse nulla è rimasto. Quindi con questa triste sensazione, vi licenzio dalla mia ingombrante presenza augurandomi che siate consapevoli delle vostre scelte. Un unico rimpianto mi accompagna:  speravo di aver donato il mio tempo e la mia vita a qualcosa e a qualcuno che lo meritasse.

Temo semplicemente, non sia stato così.

Cordialmente.

Enzo Ferrari

Sergio Mapelli

 

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