

Nelson ’70
Hai un bel dire i brasiliani.
La samba, “l’escola de futebol..” le mulatte che ti levano il respiro a colpi d’anca…
Oddio…
Credo il buon Nelson non abbia mai disdegnato almeno una delle cose sopracitate… Chi del pilota conosce pratiche ed abitudini di vita, può ben immaginare a cosa mi riferisca.
Un personaggio stratosferico. Oggi in Formula 1 sarebbe più fuori posto di una balena alle Maldive, lui con quel cognome preso in prestito dalla madre, per non far sapere al padre quanto fosse attratto dalle gare a quattro ruote.
“Sei nono Zermiani? Perché tu sembra véchio!”
Pochi minuti dalla partenza e sempre addosso, quella contagiosa voglia di scherzare a pochi istanti dal semaforo, sempre attento col fido Ezio a burlarlo, come un peones del microfono. La spalla perfetta di un tempo ed un teatro che la Formula 1 non avrebbe mai più conosciuto come a Imola ’90.
“Zermiani,no rompe i cojoni!!”
Però qui la brasilianità di Piquet si fermava.
E risiedeva.
In pista, il pilota parlava ben altro linguaggio, da quando ci rimise una caviglia in Argentina avendo come compagno di squadra un certo Niki Lauda.
“Altra volta tu tira via piede. No entra dove no vede.”
Il maestro aveva parlato, e lui, da buon allievo aveva recepito. Cinque giri la gara dopo in Brasile. L’arto offeso e fratturato di più non può reggere. Una lezione che durerà tutta una carriera.
Samba carioca, colori ad oltranza…e show brasileiro.
Niente di tutto ciò.
Piquet al volante è un ragioniere attento. “Piede di velluto.” Furono lezioni austriache a quanto pare.
E non solo.
Nelson guida, come fosse padrone di un perfetto equilibrio interiore. L’azzardo è concesso come a Budapest ‘86. Solo se serve. Ma non può essere la regola. Vengono 23 vittorie, tra Brabham e Williams, raccontando come i piazzamenti nella sua carriera, facciano titoli iridati, compreso Imola e il muro del Tamburello. Una gomma dissero. Mai si seppe se fu verità. In quell’87, vennero sette secondi posti (di cui quattro consecutivi) su cui costruire l’ultimo di tre mondiali, a scapito di Mansell e delle sue vittorie alternate a continui ritiri.
“Mi ero abituato a guidare per arrivare secondo, adesso sto imparando ad arrivare sempre terzo…”
Aveva umoristicamente già capito. L’anno dopo con la McLaren di Senna e Prost non c’era altro da fare.
Proprio così.
Nel volante di Piquet non c’è spazio per la Samba e quell’andare in bicicletta nella cucina di casa, come ebbe a dire parlando del Gran Premio di Monaco.
Mai piaciuto il Principato.
Da quella Brabham Bt 46 col numero 66 sul parabrezza in Canada sono passati più di 40 anni. La prima volta a Montreal. La prima vittoria di Gilles.Probabile per Piquet, fosse solo la tabellina dell’undici. Al numero sei.
66 volte Nelson col resto di quattro. Insieme a quel genero olandese come lui campione del mondo, cui fare scherzi può non essere fin da subito… una buona idea.
Auguri Zingaro.
Nelson ’70
Hai un bel dire i brasiliani.
La samba, “l’escola de futebol..” le mulatte che ti levano il respiro a colpi d’anca…
Oddio…
Credo il buon Nelson non abbia mai disdegnato almeno una delle cose sopracitate… Chi del pilota conosce pratiche ed abitudini di vita, può ben immaginare a cosa mi riferisca.
Un personaggio stratosferico. Oggi in Formula 1 sarebbe più fuori posto di una balena alle Maldive, lui con quel cognome preso in prestito dalla madre, per non far sapere al padre quanto fosse attratto dalle gare a quattro ruote.
“Sei nono Zermiani? Perché tu sembra véchio!”
Pochi minuti dalla partenza e sempre addosso, quella contagiosa voglia di scherzare a pochi istanti dal semaforo, sempre attento col fido Ezio a burlarlo, come un peones del microfono. La spalla perfetta di un tempo ed un teatro che la Formula 1 non avrebbe mai più conosciuto come a Imola ’90.
“Zermiani,no rompe i cojoni!!”
Però qui la brasilianità di Piquet si fermava.
E risiedeva.
In pista, il pilota parlava ben altro linguaggio, da quando ci rimise una caviglia in Argentina avendo come compagno di squadra un certo Niki Lauda.
“Altra volta tu tira via piede. No entra dove no vede.”
Il maestro aveva parlato, e lui, da buon allievo aveva recepito. Cinque giri la gara dopo in Brasile. L’arto offeso e fratturato di più non può reggere. Una lezione che durerà tutta una carriera.
Samba carioca, colori ad oltranza…e show brasileiro.
Niente di tutto ciò.
Piquet al volante è un ragioniere attento. “Piede di velluto.” Furono lezioni austriache a quanto pare.
E non solo.
Nelson guida, come fosse padrone di un perfetto equilibrio interiore. L’azzardo è concesso come a Budapest ‘86. Solo se serve. Ma non può essere la regola. Vengono 23 vittorie, tra Brabham e Williams, raccontando come i piazzamenti nella sua carriera, facciano titoli iridati, compreso Imola e il muro del Tamburello. Una gomma dissero. Mai si seppe se fu verità. In quell’87, vennero sette secondi posti (di cui quattro consecutivi) su cui costruire l’ultimo di tre mondiali, a scapito di Mansell e delle sue vittorie alternate a continui ritiri.
“Mi ero abituato a guidare per arrivare secondo, adesso sto imparando ad arrivare sempre terzo…”
Aveva umoristicamente già capito. L’anno dopo con la McLaren di Senna e Prost non c’era altro da fare.
Proprio così.
Nel volante di Piquet non c’è spazio per la Samba e quell’andare in bicicletta nella cucina di casa, come ebbe a dire parlando del Gran Premio di Monaco.
Mai piaciuto il Principato.
Da quella Brabham Bt 46 col numero 66 sul parabrezza in Canada sono passati più di 40 anni. La prima volta a Montreal. La prima vittoria di Gilles.Probabile per Piquet, fosse solo la tabellina dell’undici. Al numero sei.
66 volte Nelson col resto di quattro. Insieme a quel genero olandese come lui campione del mondo, cui fare scherzi può non essere fin da subito… una buona idea.
Auguri Zingaro.
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