L’ultimo giorno di Chris

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L’ultimo giorno

di

Chris

 

Mi sembra ieri.

Incombevano e scorrevano le Olimpiadi di Rio,  il “caso” Schwazer  e

una baronda mediatica come solo i giochi a cinque cerchi siano in grado di offrire sportivamente e televisivamente parlando al mondo intero. Il mare, gli ombrelloni. L’inizio delle vacanze.

Una mattina del 3 agosto.

Chris Amon non c’è più.

Chi?

Chris Amon. Il migliore dei non vincenti. Uno di quegli uomini come ebbe a dire Andretti, per cui la gente avrebbe smesso di morire, fosse stato un becchino.

Ma forse Chris col suo talento, non era destinato a essere un vincente ma a realizzare capolavori. Opere d’arte in grado di sfrecciare a trecento all’ora sul ciglio della pista.

Rimane una sigla e un motore quattro litri in grado di tenere testa ai sette litri della Ford.

330 P4.

In quella berlinetta sportiva c’era tutta l’essenza di Chris. Veloce, affidabile. Elegante come una donna  cui non servissero tacchi a spillo per innalzare la propria avvenenza.

Amon insieme a Bandini, affinò quella macchina fino a renderla il guanto perfetto di una mano preparata alla velocità, insieme a un piede di velluto attento nel dosare le forze del  suo V12 4 litri, nelle eterne gare di durata del mondiale Endurance.

Non fu un vincente.  Ma è stato in grado di rendere vincente una vettura. Un’opera d’arte sopravvissuta a se stessa a oltre cinquant’anni  di distanza. L’emblema di un modo di vivere e interpretare le competizioni. Con perfetto equilibrio meccanico.

E poi conobbe lui. Il pilota del Quebec e le sue motoslitte. Insieme a  quella Dallara Wolf in Can-Am che non stava in strada neanche volendo.

Chris lo riconobbe.

A Enzo serviva un pilota. Amon gli fece il nome di Gilles. Con Furia l’intesa di un tempo non era andata perduta. Entrambi avevano visto giusto. Uno in Canada, l’altro a Silverstone. Come ai tempi in cui insieme lavoravano sulla P4 per vincere un mondiale.

Ora,insieme, tra le due sponde di un oceano c’era da scegliere un pilota. Un certo Gilles Villeneuve.

Ecco perché, a volte, vincere non è poi così importante. Basta esserne consapevoli.

Per essere Chris Amon.

Tutta la vita.

Fino all’ultimo giorno.

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