

L’emozione
di
una voce
(87 giorni a Le Mans)
L’emozione non ha voce. Come canterebbe Celentano a una defilata (questa volta) ed eterna Mina.
Invece a Le Mans, di voci che possono emozionare ce ne sono sempre. Così, per gioco e per amore, per fortuna o coincidenza, annoverare tra le proprie amicizie chi ogni anno Le Mans la racconti è il piccolo grande privilegio di chi come me narra storie, per chi di mestiere faccia il commentatore televisivo e chi, come in questo caso, di quelle storie suo malgrado sia protagonista, col proprio commento. Cantore di un rito collettivo chiamato “24Heures du Mans”.
Insomma, l’edizione del centenario galoppa veloce verso di noi e la 1000 miglia di Sebring è già praticamente ai nastri di partenza. Da sempre il popolo italico dell’Endurance ha riconosciuto nei timbri vocali di Marco Petrini e Nicola Villani l’idioma delle gare di durata nel nostro Bel Paese.
La curiosità del cronista l’emozione del commentatore. Cosa può attraversare la mente e il cuore di un professionista chiamato a raccontare un’edizione così speciale della 24 Ore di Le Mans?
“Guarda, di per sé non si tratta nemmeno di aver presente il ritorno della Rossa nelle gare di durata e conseguentemente a Le Mans che fa quasi campionato a sé. Intendiamoci. Non sto sminuendo il ritorno di Maranello nel mondo endurance, anzi, esattamente l’opposto. Ferrari e le Mans è già a tutti gli effetti un binomio inimitabile. Ma forse, la vera emozione, risiede nel rendersi conto che tu sia parte di un momento senza eguali della storia delle corse e che, per importante che sia, la tua voce, il tuo commento fermerà per sempre questi istanti. Credimi che per uno come il sottoscritto che proprio sul circuito della Sarthe ha chiuso la propria carriera di pilota, è un privilegio immenso essere oggi dall’altra parte e poter raccontare tutto questo, avendo presente cosa voglia dire calcare con una vettura da corsa un asfalto così glorioso e iconico, come può essere Montecarlo per la Formula 1. Respiri la storia, il mito, la leggenda di un luogo pressoché sacro. Lo stesso fascino intatto di un secolo fa e quella prima edizione del 1923. Ci sarà Ferrari, ma poi il ritorno di Porsche che ha lasciato da vincente la 24 Ore, la Toyota che non vorrà essere spodestata, la Cadillac che affronta la Sarthe con un motore solamente aspirato, unica tra le big. Capisci quante possibili vicende saremo chiamati a commentare e descrivere? Vivremo un’avventura bellissima che andrà oltre i semplici confini di notorietà che questo campionato abbia conosciuto soprattutto nella sua epoca recente. Vivremo la consapevolezza di un’aumentata popolarità, qualcosa che anche per noi, dietro al microfono, sarà qualcosa di completamente nuovo. Semplicemente fantastico.”
L’entusiasmo di Marco mi fa pensare a una sola cosa. Quando insieme a Nicola hanno avuto il coraggio di aprire una strada, in cui pochi (o nessuno) credeva. E Nicola trasforma il suo apparente aplomb nel fiume in piena di una breve e istantanea confessione:
“Quello che ti posso dire, che va al di là del mio ruolo e del mio lavoro è che sono realmente emozionato, come non mi succedeva da tempo. Nelle gare del WEC come in altri casi, vivo sempre un’intensa emozione (nonostante una Le Mans con un copione già scritto come nelle ultime edizioni che prevedeva solo Toyota quale protagonista) anche perché, specie in una 24 Ore si respira un’atmosfera particolare che regala sempre un certo effetto. Ci si ritrova tutti insieme coi colleghi per un’occasione speciale. Un evento sempre e comunque unico. Devo dire però che quest’anno è realmente diverso. Solo l’idea di commentare da venerdì la gara che aprirà un nuovo capitolo di questa tipologia di competizioni…brividi. Non sono giovane, ma nemmeno abbastanza vecchio come coloro che abbiano vissuto in maniera intensa i tempi gloriosi dell’Endurance. Devo ammettere che pur essendo stato bellissimo il duello prima tra Audi e Peugeot, oppure in LMP1, con Porsche, Audi e Toyota, un mondiale così ( non è una frase fatta) non si è mai visto. In più a tutto questo, aggiungi il fatto (inutile negarlo) che vedere tornare correre la Ferrari nella classe regina delle ruote coperte regali già solo questo un quid enorme di fascino. Da una parte sono quindi emozionato a prescindere. Dall’altra invece, professionalmente parlando, avverto sicuramente una responsabilità maggiore rispetto a quanto non sia stato in passato. Già ci seguivano in tanti, ora saranno molti di più. Non si è mai parlato tanto di questo mondiale da quando la Ferrari abbia annunciato l’intenzione di prendervi parte, fino all’unveiling della 499 a Imola. Avremo una responsabilità maggiore perché ci rivolgeremo a un pubblico più ampio. Primo, sarà importante cercare di raccontare e spiegare le cose per bene. Ci sono tante novità per cui servirà un po’ di tempo per renderle chiare a tutti ed è giusto farlo. E poi perché sono cambiate davvero tante cose a livello regolamentare. Bisognerà raccontare un campionato con uno spessore sportivo come non abbiamo mai avuto, a prescindere dai marchi automobilistici coinvolti, a prescindere estremamente importanti. Ciò che non è mai cambiato è il carico enorme di fascino che questo tipo di gare porta con sé. Sono diventate gare veloci, dove gli ingegneri ai box non dormono perché devono coniugare prestazione ed efficienza. Poi, secondo me, sarà importante spiegare come mai Ferrari e Toyota (e non solo loro) abbiano intrapreso inizialmente un passo tecnicamente più azzardato, allestendo un’intera Hypercar da soli, rispetto a chi come Porsche ( e altri costruttori) abbia scelto una strada più breve con la tipologia LMDH.
Da appassionato mi preoccupa un po’ il (BoP) (Balance of Preformance). Non vorrei che finisse per mettere in ombra ciò che c’è di buono, con scelte scellerate. D’altro canto sarà difficile trovare un equilibrio che accontenti tutti.
Certamente mi sentirò un autentico privilegiato nel raccontare e condividere questo spettacolo col pubblico televisivo. Sarà bellissimo anche solo per il fatto, come dice il mio amico Marco, (che prima di tutto è un amico) di cominciare qui a Sebring, una pista che era già in calendario nella prima edizione del mondiale Endurance del ’53. Già solo quello, partire da qui, farà davvero un certo effetto. Mettici le 1000 ricorrenze che cadono in questa stagione…, forse siamo davvero di fronte a un’edizione senza precedenti in 70 anni di gare Endurance”.
Forse.
Forse senza saperlo anche Celentano era un appassionato di queste competizioni. L’emozione di una voce.
In mezzo a tante altre.
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