

La Talbot blu di Rosier
(156 giorni a Le Mans)
Nato in Francia nel 1905.
Cosa si sarebbe potuto dire a un uomo venuto al mondo quell’anno lì?
Che avrebbe visto con ogni probabilità suo padre partecipare al primo conflitto mondiale e che se fosse sopravvissuto al fango delle trincee avrebbe dovuto poi fare i conti con la spagnola e un’epidemia in grado di falcidiare oltre 50 milioni di esseri umani in tutta Europa. Che a 24 anni con altrettanta feconda possibilità si sarebbe ritrovato povero in canna dopo la crisi economica mondiale innescata dal crollo della borsa di New York nel ’29 e che forse, un decennio più tardi, sarebbe toccato a lui seguire le orme paterne sul sentiero di guerra, cercando di sconfiggere la Germania di Hitler con la sua svastica, finendo per essere con ogni probabilità lui stesso, un soldato in armi nella seconda.
No di certo.
Non era un bel momento per venire al mondo e ancor di meno per dolersi delle avversità della vita. Non c’era tempo per lamentarsi. Altrimenti quel poco di buono che rimaneva da vivere non sarebbe stato nemmeno beatamente vissuto con la dovuta dignità.
Dopo quanto trascorso e successo, rischiare la propria pelle al volante di un auto da corsa finiva per essere un esercizio di vita. Un’espressione di libertà, oltre le fucilate al piombo delle armi da fuoco, conosciute fino a quel momento.
Correre . Il più possibile.
Correre a Le Mans, comprando una macchina, allestendo una squadra. Una vita diversa, una vita nuova. Una vita. A cilindri e pistoni. Per tornare a essere se stessi insieme al figlio, Jean Louis, preparando un Talbot blu. L’auto più blu che la Francia avesse mai messo in pista fino a quel momento.
Un esercizio di vita, che più nessuno ripeté sulla Sarthe, da padre premuroso. Per più di 23 ore al volante di una Talbot, come Chinetti l’anno prima. Lasciando solo pochi giri a Jean Louis.
Era il 1950.
Lui si chiamava Louis Rosier e aveva vinto a Le Mans insieme al proprio figlio.
Qualcosa che non era mai successo.
Qualcosa, che non sarebbe più successo, dopo quell’uomo e la sua Talbot blu.
Nemmeno con Fangio al volante.
L’anno successivo.
La Talbot blu di Rosier
(156 giorni a Le Mans)
Nato in Francia nel 1905.
Cosa si sarebbe potuto dire a un uomo venuto al mondo quell’anno lì?
Che avrebbe visto con ogni probabilità suo padre partecipare al primo conflitto mondiale e che se fosse sopravvissuto al fango delle trincee avrebbe dovuto poi fare i conti con la spagnola e un’epidemia in grado di falcidiare oltre 50 milioni di esseri umani in tutta Europa. Che a 24 anni con altrettanta feconda possibilità si sarebbe ritrovato povero in canna dopo la crisi economica mondiale innescata dal crollo della borsa di New York nel ’29 e che forse, un decennio più tardi, sarebbe toccato a lui seguire le orme paterne sul sentiero di guerra, cercando di sconfiggere la Germania di Hitler con la sua svastica, finendo per essere con ogni probabilità lui stesso, un soldato in armi nella seconda.
No di certo.
Non era un bel momento per venire al mondo e ancor di meno per dolersi delle avversità della vita. Non c’era tempo per lamentarsi. Altrimenti quel poco di buono che rimaneva da vivere non sarebbe stato nemmeno beatamente vissuto con la dovuta dignità.
Dopo quanto trascorso e successo, rischiare la propria pelle al volante di un auto da corsa finiva per essere un esercizio di vita. Un’espressione di libertà, oltre le fucilate al piombo delle armi da fuoco, conosciute fino a quel momento.
Correre . Il più possibile.
Correre a Le Mans, comprando una macchina, allestendo una squadra. Una vita diversa, una vita nuova. Una vita. A cilindri e pistoni. Per tornare a essere se stessi insieme al figlio, Jean Louis, preparando un Talbot blu. L’auto più blu che la Francia avesse mai messo in pista fino a quel momento.
Un esercizio di vita, che più nessuno ripeté sulla Sarthe, da padre premuroso. Per più di 23 ore al volante di una Talbot, come Chinetti l’anno prima. Lasciando solo pochi giri a Jean Louis.
Era il 1950.
Lui si chiamava Louis Rosier e aveva vinto a Le Mans insieme al proprio figlio.
Qualcosa che non era mai successo.
Qualcosa, che non sarebbe più successo, dopo quell’uomo e la sua Talbot blu.
Nemmeno con Fangio al volante.
L’anno successivo.
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