

Il cielo di Henry
Un tricolore.
Appresso all’altro. Quando il rosso sbiadendo diventa arancione, a ricordare la terra di Michael Collins e Oscar Wilde. Non so quanto Mr. Morrogh potesse sapere dei suo celebri conterranei. So solo che in Italia quest’uomo con la sua scuola piloti, dopo averne fondate diverse tre le due sponde dell’Oceano Atlantico in pochi anni, ha solo cercato di rendere chiunque si presentasse alla porta della sua istituzione per aspiranti piloti un uomo migliore. A cominciare proprio dalle sue doti di guida.
Regalare una chance. Ecco in cosa potremmo identificare il “credo” sportivo di Henry Morrogh soprattutto da noi, in Italia a Vallelunga. Da quando varcò con una scassatissima Austin il cancello dell’autodromo laziale, con tre Formula Ford al traino, non più tardi di 55 anni fa, consigliato dall’audace penna di Marcello Sabatini, più che un giornalista una vera istituzione del mondo delle corse.
“Non si fermi a Monza. Scenda verso Roma. Vedrà che si troverà bene…”
Il celebre consiglio di Marcello. Sapeva che a Monza quell’irlandese cittadino del mondo non avrebbe trovato terreno fertile per mettere in atto le proprie idee. Appassionati veri. Luce per anime e di tutti quei ragazzi dietro al volante che Henry alleverà con instancabile determinazione per intere generazioni a venire. Molti gli dovevano qualcosa, tutti almeno quella famosa chance. Diventare grande da pilota da corsa.
Così a me, eterno romantico fa un certo effetto pensare a tre piloti provenienti dalla sua scuola essere il giorno prima al “Minardi Day” a parlare di Le Mans e del mondo delle corse.
Univocamente il “loro” mondo.
Pirro, Giacomelli e Sernagiotto. Tre ragazzi della sua scuola. Serna il giorno dopo mi dice di Henry e della sua ultima corsa.
Il cielo d’Irlanda.
No.
Il cielo di Henry. Quello che in Italia da irlandese trapiantato, ha cercato di rendere grandi tanti piloti.
Di casa nostra.
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