

Hans Joachim
Stuck
(150 giorni a Le Mans)
Tale padre, tale figlio.
Pezzi di Stuck insomma, da mandar forte in pista.
Hans Joachim Stuck ,figlio di Hans Stuck. “ Der Bergkönig”. Il re della montagna in una Germania nazista che chiudeva un occhio per quel suo pilota ebreo, eternamente vincente nelle cronoscalate. Nel nome del padre. Parte della squadra corse dell’Auto Union con le sue imbattibili “frecce d’argento”, le inimitabili “Silberpfeile” progettate da Ferdinand Porsche. Nome più che ricorrente nella vita della famiglia Stuck. In Formula 1, il figlio patisce le pene dell’inferno, per un’altezza ragguardevole (1.94 m di fisiche sofferenze alla guida, simili a quelle ricordate in tempi più recenti da Eddie Cheever ) che mai lo agevolerà nella guida di una monoposto.
Una sardina malriposta. In una scatola troppo angusta per essere gustata adeguatamente.
Ma la vita di Joachim porta in sé un cognome disposto a essere implicitamente un garante di famiglia: Porsche. La Porsche, la macchina dei suoi successi a Le Mans (’86 e ’87) e di quel titolo mondiale vinto con la casa tedesca, passando a fianco della morte, che sulla Sarthe si porta via Jo Gartner e l’anno dopo deve lottare con una benzina a pochi ottani che buca i pistoni del sei cilindri boxer della casa di Stoccarda come fossero di latta. Tutti, tranne quelli montati sulla sua 962 C, per sua stessa ammissione la miglior vettura che abbia mai potuto pilotare nella sua pluridecennale carriera di pilota.
Mica facile, vincere così a Le Mans, schivando difficoltà come fossero le stelle argentate sul suo casco. Altro colore che significa tanto per la sua famiglia d’origine.
Joachim rimane una figura imprescindibile della storia delle corse Endurance. Forse è poco, troppo poco la descrizione che ne stia facendo in questa sola pagina. Ma con queste parole su questo foglio immaginario della memoria, possiamo continuare a ricordare insieme un grande interprete della gare di durata ogni tempo.
Hans Joachim Stuck.
Il figlio, del Re della Montagna.
E delle sue scomode origini ebree.
Hans Joachim
Stuck
(150 giorni a Le Mans)
Tale padre, tale figlio.
Pezzi di Stuck insomma, da mandar forte in pista.
Hans Joachim Stuck ,figlio di Hans Stuck. “ Der Bergkönig”. Il re della montagna in una Germania nazista che chiudeva un occhio per quel suo pilota ebreo, eternamente vincente nelle cronoscalate. Nel nome del padre. Parte della squadra corse dell’Auto Union con le sue imbattibili “frecce d’argento”, le inimitabili “Silberpfeile” progettate da Ferdinand Porsche. Nome più che ricorrente nella vita della famiglia Stuck. In Formula 1, il figlio patisce le pene dell’inferno, per un’altezza ragguardevole (1.94 m di fisiche sofferenze alla guida, simili a quelle ricordate in tempi più recenti da Eddie Cheever ) che mai lo agevolerà nella guida di una monoposto.
Una sardina malriposta. In una scatola troppo angusta per essere gustata adeguatamente.
Ma la vita di Joachim porta in sé un cognome disposto a essere implicitamente un garante di famiglia: Porsche. La Porsche, la macchina dei suoi successi a Le Mans (’86 e ’87) e di quel titolo mondiale vinto con la casa tedesca, passando a fianco della morte, che sulla Sarthe si porta via Jo Gartner e l’anno dopo deve lottare con una benzina a pochi ottani che buca i pistoni del sei cilindri boxer della casa di Stoccarda come fossero di latta. Tutti, tranne quelli montati sulla sua 962 C, per sua stessa ammissione la miglior vettura che abbia mai potuto pilotare nella sua pluridecennale carriera di pilota.
Mica facile, vincere così a Le Mans, schivando difficoltà come fossero le stelle argentate sul suo casco. Altro colore che significa tanto per la sua famiglia d’origine.
Joachim rimane una figura imprescindibile della storia delle corse Endurance. Forse è poco, troppo poco la descrizione che ne stia facendo in questa sola pagina. Ma con queste parole su questo foglio immaginario della memoria, possiamo continuare a ricordare insieme un grande interprete della gare di durata ogni tempo.
Hans Joachim Stuck.
Il figlio, del Re della Montagna.
E delle sue scomode origini ebree.
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