

Francia ’82, Mass e Didì: ultima corsa
Gran Premio di Francia ’82.
Esattamente 40 anni fa.
Sul circuito del Paul Ricard è il dodicesimo giro.
Affrontare la curva di Signes in pieno dopo i 1800 metri del rettilineo del Mistral è un’autentica prova di coraggio. Tra la March di Jochen Mass e la Arrows di Mauro Baldi non vi è più alcun tipo di luce. Ogni ombra di spazio è occupata dalla sagoma delle due vetture, figlie di quelle retrovie distanti dalla vetta della corsa. In ballo una diciottesima posizione di alcun interesse, se non per chi in quel preciso istante, sia direttamente coinvolto da agonista e pilota da corsa nello svolgimento del proprio mestiere. Baldi all’interno, nel tentativo di sopravanzare il pilota tedesco della March. Mass all’esterno, chiudendo la porta al collega italiano. Quasi la sagoma dell’ Arrows alla sua destra fosse invisibile o in quel preciso momento non si trovasse lì.
A oltre 270 all’ora.
Il lampo, l’energia di un contatto che trapassa, travalica le reti di contenimento all’esterno della via di fuga. Jochen percorre l’intera curva di Signes a testa in giù, senza decelerare per un solo istante. Un’ improvvisa palla di fuoco lanciata verso le tribune. 12 feriti. Non ci scappa il morto per non si sa quale miracolante motivo. Estratto tutto intero dai rottami della sua March, a malapena Mass riesce a reggersi in piedi. Tramortito, disorientato. L’Arrows di Baldi fortunatamente ha arrestato la propria corsa qualche metro prima, avviluppata tra le reti di contenimento. Non un graffio per entrambi. Ma per Jochen dopo 70 Gran Premi in Formula 1 può davvero bastare così. Dopo quanto avvenuto quel giorno sul circuito francese, per una singolarità del destino farà un certo effetto pensare a questi due piloti in Mercedes sul finire degli anni ’80, quali punto di riferimento per un’intera generazione di piloti di lingua tedesca nelle gare di durata.
Compreso un certo Michael Schumacher.
Ma in quel momento nella mente di Mass c’è spazio per una sola parola: basta. L’incidente con Gilles a Zolder e ora questo a Le Castellet due mesi e mezzo più tardi. La F1 non è più cosa per lui, come non lo sarebbe più stata per Didier Pironi, inconsapevolmente al capolinea della propria carriera con le monoposto. Paradossalmente quel giorno Didì è pure contento. Il terzo posto alle spalle delle Renault di Arnoux e Prost ha rafforzato la sua leadership in campionato . Quel giorno le Michelin montate sulle vetture del costruttore francese avevano qualcosa in più delle sue Goodyear. C’era tutto il tempo. Per essere campioni del mondo, un passo dopo l’altro. Dopo una classifica finale che riporta 4 piloti francesi ai primi 4 posti. Mai successo. C’era tutto il tempo per vedere un’amicizia andare in frantumi, come succede tra Alain e René alla Règie. Arnoux doveva dare strada a Prost e fargli vincere il Gran Premio, onde avere ancora qualche speranza iridata contro di lui e la sua Ferrari. Non succederà e a vincere la gara sarà René, il meccanico di Grenoble.
Sì, ci sarà tutto il tempo, per maledire la pioggia di Hockenheim e quelle gambe volate per aria nel grigio cielo tedesco, come fossero un fiore spezzato.
Un fiore del male di Baudelaire.
Un Gran Premio di Francia.
L’ultima corsa in Formula 1.
Di Mass e Didì.
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