Etancelin (“phi phi”)

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Ètanchelin

(“phi phi”)

 

(116 giorni a Le Mans)

 

 

Un berretto.

Un berretto di lana spessa. Quella lana che Philippe Ètancelin e la sua famiglia, con enorme profitto commerciava in  tutto il mondo.

Perché quelli erano tempi, in cui per correre in automobile,il casco non serviva. Non ancora, vivendo il pericolo delle corse come una compagna fedele. Nulla più da mettere in conto.

Quel berretto Philippe lo girava all’indietro, con la visiera a coprirgli la nuca, abbassando gli enormi occhiali d’ordinanza con fare disinvolto. Come aveva sempre fatto da quella volta che lanciò la sua Bugatti 35B a 200 all’ora insieme alla moglie seduta al suo fianco sul lato passeggero.

Uno sguardo.

Che è poco più di un amabile e deciso consenso da parte della gentile consorte. Pilota da corsa ad appena vent’anni per pura passione. Tanto che Philippe sarà uno dei pochissimi piloti nel mondo delle corse a correre quasi sempre, in veste del tutto privata.

Correre.

Con quel berretto in testa. Uno che a 17 anni si arruola volontario nell’esercito francese per prendere parte alla prima guerra mondiale non può avere paura di un po’ di vento in faccia. Coraggio. “Phi Phi”, come lo hanno  soprannominato ne dimostra a tonnellate.  Una volta a Monza viene sbalzato fuori dalla propria vettura rotolando più volte sull’asfalto. Neanche il tempo di accorgersi dell’accaduto e Philippe è già in piedi, sostanzialmente illeso.

La pratica di un facoltoso dilettante alle prese coi mostri meccanici del tempo.

Ma poi c’è un  giorno diverso dagli altri.

Dove vincere una gara non significa semplicemente vincere un Gran Premio.

La sua prima 24 Ore di Le Mans nel ’34 Philippe la corre insieme a Luigi Chinetti, non ancora il fidato uomo di Enzo Ferrari in Nord America, ma già un affermato pilota e imprenditore nel mondo dell’automobile. Hanno preso in società un’Alfa Romeo 8C 2300. Una vettura che sulla Sarthe sta vincendo ininterrottamente dal 1931. Anche in quell’anno, la vittoria della casa del Portello sembra essere nuovamente a portata di mano. Una pratica già svolta, messa in dubbio dal fatto che un serbatoio bucato possa mandare in fumo quella vittoria già scritta per la vettura italiana. Basta un po’ di chewin-gum masticato dai meccanici a turar la falla, fino all’arrivo di domenica. Quel che serve per far vincere anche a Philippe quell’edizione della corsa francese, l’ultima ad appannaggio della casa del Biscione.

Chi l’avrebbe mai detto che quello stesso berretto avrebbe ricordato il più anziano pilota capace di marcare punti nella storia del Circus, insieme a quella lana che non era solo un tessuto da vendere ma anche da indossare.

Un iconico copricapo, con cui portare a casa anche una vittoria a Le Mans.

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