Caro Seb ti scrivo

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Caro Seb ti scrivo

 

Nell’era dei messaggi digitali dell’elettronica dell’Ers del Kers,iniziare con: “Caro Seb ti scrivo” fa tanto demodé.

Retrò.

Vecchio insomma.

I giovani dicono boomer. Almeno sino a ieri. Magari da oggi sono già geneticamente mutati in qualcosa che ancora non so o semplicemente un nome tutto questo, ancora non ce l’ha.

Ma diciamolo Seb, ormai anche tu sei entrato nel mio, nel nostro mondo di gente fuori da questo momento spazio temporale.Tu poi, lasciamelo dire, non ha  neanche mai fatto niente per essere “IN”.

Questa tua strana, quasi ingiustificata passione per quello che fai, ancora prima di passare al “facevi” dai, diciamolo nel paddock è sembrata strana a molti. Questi nuovi piloti che sanno muovere le dita sulla Play Station come sul  volante che si ritrovano tra le mani per circa 3 giorni alla settimana con un’abilità che mi spiace, non sarà mai tua, nostra, ecco,  proprio questa cosa che si chiama passione quasi non la capiscono. D’altro canto tu non hai nemmeno fatto niente per capire questa F1.

Non hai un social.

Non ti vesti ogni week end come se avessi perso una scommessa e stessi scontando una penitenza.

E quella tua disgustosa pratica di sporcarti le mani con cose astruse dalle forme improponibili, che qualche millennials (si chiamano cosi?) ha azzardato  dire “potrebbero chiamarsi pistoni” (l’hanno visto su internet e non ne sono proprio sicuri, sicuri) è proprio una incomprensibile ostentazione del tuo essere ormai fuori luogo. Ormai nel paddock sembri un pesce che tenta di scalare un albero.

Si vede che non è il tuo habitat, tutto qui.

Si certo, hai vinto 4 mondiali con delle macchine che già erano l’inizio di un mondo nuovo, questo te lo concedo. Anzi,  apprezzo lo sforzo di proiettarsi nel futuro che hai fatto. Ma amico mio, (mi permetto di chiamarti cosi perché per alcuni anni sei entrato tuo malgrado, nella mia vita quasi fossi un parente) fossi un professore stilerei la più classica delle motivazioni salva capra e cavoli.   

“ È bravo ma non si applica.”

No Seb, purtroppo, o magari per fortuna (e per amor del cielo), la mia non è una critica sociologica del mondo. Solo che non sarai mai un pianeta di questo universo. Ma neanche un satellite. E non è che sia un bene o un male, meglio o peggio della nuova generazione di piloti che sta arrivando. No, sei semplicemente diverso. Il problema è che spesso in certi ambienti essere diverso vuol anche dire non essere adeguato e con ogni probabilità compreso. Capita, è successo a chi è venuto prima e succederà a chi verrà dopo. Ecco perché a un certo punto qualcuno dice, ok ho capito non è più cosa per me. Ma quelli come noi , che almeno da giovani siamo riusciti anche a scambiare 2 parole coi piloti hanno ancora questo brutto difetto, prima che venissero chiusi nella loro torre d’avorio mediatica come imposto dal culto del marketing. Di voler amare anche l’uomo oltre il pilota. Quando in palio oltre al podio e alla gloria c’è la vita, è normale che scatti qualcosa che va oltre lo sport. Oltre la gara, la carriera da almanacco. Altrimenti come spiegare tutto l’amore avuto per gente come Gilles, Alesi, Amon, Brambilla, Regazzoni e via dicendo?

Diciamo che, almeno personalmente, mi interessa anche l’uomo che scende dalla macchina e alza la visiera, oltre a quello che entra in abitacolo e l’abbassa. Difetti da boomer appunto. A volte verrebbe la voglia, di dimettersi dall’essere tifosi, ma non è possibile farlo. No way. La passione è un virus per il quale non esiste vaccino e non esiste cura. Impossibile guarire. Impossibile dimettersi. Se ce l’hai te la tieni. Punto.

E non è neanche facile scriverti queste parole perché è inutile essere ipocriti. Quando eri alla Red Bull per noi eri il nemico, sportivamente parlando, da sconfiggere. E quel ditino che ci mostravi con la regolarità di un antibiotico ogni domenica dopo i pasti, a volte l’avrei staccato a morsi.E di morsi avrei dovuto darne anche parecchi, visto che alla fine sarai dietro solo a Schumy , Hamilton e Fangio nella storia della F1. A volte però non sempre si segue la strada più breve per giungere al traguardo. L’abbiamo capito nel 2008. Si percepiva, lo percepivamo tutti quel giorno che il Cavallino prima o poi sarebbe stato nel tuo destino. Non poteva essere un caso che proprio con una macchina dal cuore pulsante di Maranello  hai iniziato a “sporcare” la tabella dei Gp vinti in quel di Monza. E come si dice in queste occasioni…io c’ero. Ero in tribuna fradicio da 3 giorni di pioggia. Cadeva acqua come non si era mai vista nella storia dei gp monzesi e questo ragazzino mette in scena il gp perfetto sul palco di uno dei “teatri” più importanti del mondo. Come dire, il classico segno del cielo. Pole al sabato vittoria la domenica con una vettura che non aveva mai fatto né l’una né l’altra cosa, in tutta la sua storia.

Non è un caso quindi che una volta arrivato in Ferrari come è giusto che sia stato,  tutti ti abbiano amato. Abbiamo messo nelle tue mani la nostra voglia di riscatto. Il nostro desiderio di fare un urlo soffocato nei nostri polmoni  ormai da troppi anni. (2007). Agli inizi il desiderio era tale che c’era qualcuno che giurava persino di averti visto camminare sulle acque e trasformare un 8 cilindri in un 12 solo con l’imposizione delle mani. Potere dei desideri reconditi, repressi da troppo tempo. Wishful thinking, lo chiamano gli inglesi.

Ecco magari non tutti in Ferrari hanno avuto la stessa nostra sensazione, percezione. Lo stesso wishful thinking appunto. Non tutti hanno creduto ciecamente in te come tu hai creduto nella Ferrari. Non tutti hanno pensato che tu potessi essere il decimo cavaliere che avrebbe portato un altro vessillo mondiale nella reggia del Cavallino Nero su sfondo giallo nello stemma.

Capita si sa. Non tutti gli amori sono corrisposti e come spesso capita nei rapporti quello che si dà, a volte non corrisponde a quel che si riceve.

C’è sempre qualcuno che alza il dito (cosa mi ricorda questa immagine…?) per coprire le proprie colpe, scaricandole sugli altri.

Come dice Totò. Signori si nasce…E non tutti lo nacquero…

Comunque non ti curar di loro, ma guarda e passa.

Passa i tuoi giorni con i tuoi figli, con la tua famiglia  (anche qua come sei vecchio…) come potrai fare tra qualche mese.

Tanto lo so che dura poco. Non potrà durare. Io lo so. Prima o poi ti ribeccheremo con le mani nella marmellata, anzi nel grasso, a giocare con qualche pistone o qualche biella (sempre da internet  sia chiaro) valvola, catena di distribuzione e via discorrendo. In questo fiume che sa di vecchio e stantio.

Magari ti spingerai anche a tornare in pista per qualche GP. Per ritrovare qualche amico, ammesso tu abbia qualcuno da poter chiamare così in quel posto, da poter salutare e riabbracciare.

Ma anche lì non darai soddisfazione al mondo mediatico, lo so.

Arriverai senza proclami , magari con una moto anni ’70,  un paio di Jeans, una maglietta, un casco anonimo. Mostrerai il tuo pass al ragazzo della security dicendo:

Mi chiamo Vettel. Sebastian Vettel vorrei entrare ai box. “

Probabilmente il ragazzo all’ingresso dirà:“Ha il pass?…sa dove andare?”

E tu dirai: “Sì, qualcosa mi hanno detto.”

Scenderai dalla moto la spingerai sin dentro al paddock per non disturbare e andrai dove devi. Come hai sempre fatto.

Cosa aggiungere? Ha senso aggiungere?

Da parte mia come tifoso Ferrari posso solo ringraziarti, per quello che ci hai dato e mi scuso per quello che la Ferrari non ha dato a te. Ma tanto lo so, che non baratteresti un mondiale con l’abbraccio che mille volte ti hanno dato i tifosi.

Perché sei fatto così. Sei vecchio. Ecco perché smetti.

Ora credo sia il momento di fermarmi. L’ultima cosa che vorrei è diventare patetico ma come diceva William Arthur Ward:

“Provare gratitudine e non esprimerla è come incartare un regalo e non darlo.”

E io quel regalo vorrei dartelo.

Grazie Seb, un abbraccio.

Ci vediamo…boomer.

Sergio Mapelli

 

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