Amon e la P4

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Amon e la P4

 

 

(154 giorni a Le Mans)

 

Me lo ricordo ancora. Dentro un centro commerciale a combattere la canicola d’agosto a fare acquisti con la tua famiglia mentre in TV imperversano le Olimpiadi di Rio con le notizie sul dramma sportivo di Schwazer.

In tono minore, di notizia ne leggo un’altra sullo smartphone che sinistro mi avvisa di un lutto improvviso.

“ È morto Chris Amon, il più grande a non aver mai vinto un Gran Premio…”

Non sono triste. Ma dispiaciuto. Perché la storia di Chris la conosco.Le rotture da dieci lire e della sfortuna che lo perseguita, tanto da far dire ad Andretti che se facesse il becchino la gente smetterebbe di morire.

Poveri.

Sì.

Proprio poveri. Come tutti quei luoghi comuni messi insieme per coprir di polvere la verità, accavallando nella mia mente una serie di epiteti da censura, nel descrivere unicamente Amon come fosse stato solamente un povero Calimero da strapazzo.

La solita storia.

Insopportabile.

Cavare quel velo di polvere sopra la consuetudine di un mucchio di frasi fatte.

Chris non meritava di essere ricordato così. Lui che Le Mans con la Ford l’aveva anche vinta.

Ogni volta che vedo una P4 attraversarmi lo sguardo con le sue forme seducenti e prorompenti ripenso sempre alle parole che mi disse Furia:

“ L’ha fatta lui.”

E di cose quella biposto del Cavallino ne portava tante con sé. Tra la speranza e il coraggio di quel gruppo di uomini che stava sfidando la forza industriale della Ford a casa propria, per una vittoria che valeva un’intera azienda e il senso di un’impresa da tutto o niente. Un ultimo colpo in canna con cui far valere le proprie ragioni.   

Quella macchina da corsa era il frutto di un nuovo linguaggio. Chiaro, pulito, conciso. Era il senso delle parole di Amon e Bandini nel collaudarla.

Giorno dopo giorno.

Lorenzo e Chris usavano idiomi diversi, ma al volante della P4 si capivano benissimo, creando dal nulla un nuovo metodo, nel mettere a punto quella nuova vettura da corsa.

Un nuovo alfabeto,per una lingua mai espressa da un pilota al volante.

Ripensai all’articolo sul mio smartphone. C’erano le Olimpiadi.

Amon non ha mai vinto un Gran Premio di Formula 1, ma aveva fatto molto di più.

Aveva portatato la Rossa al successo a Daytona. Aveva salvato la Ferrari e la sua storia.

Come un vero pilota olimpico, aveva preso parte alla corsa francese con una macchina meravigliosa senza concluderla. La più bella di tutte, andata letteralmente in fumo nella notte appena abbozzata sopra al bosco di Mulsanne.

Da perfetta Araba Fenice.

Era il ’67.

Era l’anno della P4.

Insieme ad Amon a Le Mans.

 

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