Speriamo…

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Speriamo…

 

 

Abu Dhabi.

 

Finisce “cronologicamente”qua un mondiale di Formula Uno che sportivamente era già finito dal Gp di Suzuka per la classifica costruttori, e dalla sprint del Qatar per quello piloti. Un mondiale che probabilmente invece non è mai partito. Una stagione che è cominciata in Barhein, si è decisa in Qatar e si è conclusa ad Abu Dhabi. Basterebbe questa considerazione per capire quale sia il percorso che ha deciso di intraprendere questo sport. Ammesso che di tale si parli ancora. Fino a un po’ di anni fa questo sarebbe stato uno scenario impensabile. Tutto  si decideva in Europa o in Giappone. E invece abbiamo raccontato le cronache di Gp disputati in quasi tutti i meandri del mondo. Chiaramente i “meandri” ricchi… di dollari più che di passione. Che poi a parlare di passione in questo ambiente ci si sente fuori luogo. Sicuramente desueti. O boomer come si dice oggi. E si, che per anni è stata proprio la passione a dare linfa vitale a questo movimento. Anni in cui si poteva entrare nel paddock per vedere i piloti, magari anche per scambiarci due parole. Fare una foto da custodire poi gelosamente trai ricordi e non un selfie da sventolare sui social come una medaglia, per dirla alla Vasco, “per nascondere quello che si è dentro quello che si ha.” Perché arrivare nel paddock a un passo da un pilota nella F1 del 2023 costa dai 20.000 euro in su. Chiusa la solita parentesi nostalgica, diciamo senile, ci sarebbero almeno due parole da spendere su questa stagione che ha visto il pilota olandese dominare in lungo e in largo. Verstappen ha fatto cadere record su record come le pedine del dominio in quei filmati dove se ne vedono migliaia cadere, in un’ infinita serie inesorabile una dopo l’altra. Non fosse stata per la piccola parentesi rossa a Singapore la RB avrebbe fatto un collana con 24 perle invece che 23. Il “guaio” è che dalle parole che emergono  dai suoi ingegneri e piloti sembrerebbe che ci vogliano riprovare l’anno prossimo. Non belle notizie per i suoi avversari. Ferrari, l’unica  a strappare un Gp ai cannibali anglo austriaci, Mercedes McLaren, Aston Martin e via dicendo, avranno un enorme lavoro da fare quest’ inverno. Perché il gap da colmare è molto ampio. Inutile dire che dei citati avversari uno in particolare ci stia a cuore. La Rossa. Quella del 2024 sarà la prima Ferrari di monsieur Vasseur. Vedremo di che pasta è fatto il team che durante l’anno ha assemblato in Tp francese. Le voci hanno raccontato di un progetto completamente nuovo e di uno invece che nascerebbe dalla fusione della Ferrari 2023 con quella del 2024. Fusione che negli intenti prevede di prendere e unire i pregi delle due vetture eliminandone i difetti. Lo dico e lo scrivo perché le ultime fusioni fatte con gli stessi propositi nella gestione Binotto avevano prodotto come risultato l’esatto contrario.

Ripeto a tal proposito, una parola della quale ho largamente abusato durante le cronache tormentose e tormentate di questo mondiale. SPERIAMO.

 

Magari per una volta, la letterina che dal 2008 spediamo ogni anno al signore panciuto e di rosso ( anche lui) vestito che abita le lande finlandesi arriverà a destinazione. Dopo tutto l’ultimo a diventare campione del mondo sul bolide  di Maranello è stato proprio un finlandese. Che non sia un caso?

Viste le nazionalità dei nostri piloti speriamo di no.

SPERIAMO….

Ciao a tutti. Grazie per averci sopportato per tutto l’anno e all’anno prossimo.

Speriamo….

 

Sergio Mapelli

 

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Rien ne va plus

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Rien ne va plus

 

 

Las Vegas. La città del paradosso. Città dove tutto è un controsenso, come  avere una squadra di hockey su ghiaccio che vince il campionato, o come avere gondole e canali, la Torre Eiffel o fontane che innalzano pennacchi d’acqua alti come case a ritmo di musica. Tutto questo stando nel bel mezzo di un deserto. La città del pacchiano persino per un americano. Città delle luci e delle pubblicità che fanno pensare di stare più in un film di fantascienza di Stanley Kubrick piuttosto che nel mondo reale. Ma soprattutto luogo di culto per i giocatori d’azzardo del globo. La Disneyland della ludopatia. La Mecca dei croupier. Insomma un luogo dove l’unica fede è la fortuna. Ecco appunto. Poteva mai Paperino Leclerc vincere nella patria della fortuna?

Eppure per un po’ ci ha, anzi ci abbiamo, creduto. Fin dal venerdì (17!) La Ferrari in questa travagliata stagione sembrava essere la migliore copia di se stessa. Sempre in “palla” sempre in testa. Certo fin da subito, un tombino maldestro ha ricordato a tutti i tifosi del Cavallino che macchina o non macchina, prestazione o non prestazione quest’anno non c’è n’è. Un tombino che ha aperto in due il fondo della SF-23 di Sainz in modo così importante, da arrivare a spezzare il sedile dello spagnolo fermandosi a pochi millimetri dalle sue terga. Risultato:  parti da sostituire e FIA che come sempre negli ultimi anni quando c’è di mezzo la Ferrari, riesce a fare sembrare la logica una scienza improbabile. Decisioni cervellotiche che sanno molto più di pagliacciata che di regolamento. Credo sia ora che qualcuno in Ferrari alzi la voce, ma ormai è un ritornello che ripetiamo senza alcun successo da anni. Certo, aver avuto due macchine in prima fila a coprirsi le spalle come a Singapore avrebbe fatto comodo. Ma tant’è. Nonostante tutto ciò, Leclerc c’è la stava facendo. E anche abbastanza bene. Poi come si diceva, nella patria della fortuna vince chi ne ha di più e non ci sono rivali. La RB primeggia anche qua. Al momento giusto una SC non manca mai. E una gara che stava prendendo la retta via con in più il vantaggio delle gomme cambiate per ultimi in un attimo si è capovolta, come una goletta nella tempesta. Leclerc si è trovato di colpo da avere gomme più fresche e qualche secondo di vantaggio ad avere le gomme più vecchie e le due RB negli specchietti. A quel punto tutto è stato chiaro. Per l’ennesima volta. E il sorpasso da grandissimo fuoriclasse col quale il monegasco ha riguadagnato il secondo posto ai danni di Perez ha soltanto in parte rimediato al  gap di sfortuna e al piccolo errore commesso dal ferrarista qualche giro prima, nel tentativo di resistere in condizioni tecniche inferiori agli attacchi dei due piloti RB.

Quindi alla fine bene? Direi di no.

Male? Direi di no.

Diciamo che abbiamo avuto delle conferme. Sia belle che brutte. La prima è che in condizioni di ,almeno parità tecnica, Leclerc se la gioca alla pari con Verstappen. La seconda è che la parità tecnica è una chimera, anche qua dove la Ferrari era a livello di Singapore e cioè della miglior Ferrari dell’anno.

Insomma nulla che non si sapesse prima. Ma che almeno oggi avrebbe, potuto e dovuto finire in altro modo. Peccato, abbiamo visto di peggio, speriamo di vederne di meglio!

Magari l’anno prossimo. Se la Ferrari sarà in grado di lottare per il titolo sulla roulette dei casinò di LAS Vegas vedendo uscire il numero 16.

16 Rosso!

Per ora …le joue son fait.

 

Sergio Mapelli

 

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Alla fine il sole tornerà

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Alla fine il sole tornerà

 

 

Non c’è notte così lunga da non permettere al sole di rinascere.

Ma ogni anno chi vive al polo almeno un dubbio ce l’ha. Ecco credo che Leclerc abbia lo stesso dubbio.

E a noi fa male.

Fa male al cuore. Se sei tifoso della Ferrari, ma anche se non lo sei, fa male.

Ormai non so più come consolare il povero “Cials” , come lo chiama Gene’, e non so più come Definire un team che per onore al suo fondatore dovrebbe correre almeno le ultime due gare senza il Cavallino sul muso. Ho veramente terminato gli aggettivi con relative accezioni per raccontare la frustrazione del pilota monegasco. Onestamente domenica sera vedere a muro la Ferrari numero 16 prima ancora che il semaforo rosso dello start abbia “aperto i suoi occhi sul mondo” quasi non mi ha suscitato stupore. Era come se mancasse un tassello al puzzle più brutto del mondo e noi l’abbiamo trovato di colpo. Ecco, ora il puzzle era completo. Le sue tessere come dita intrecciate completavano e definivano i contorni del peggior incubo motoristico possibile. Arrendersi senza poter lottare. Alzare bandiera bianca con la stessa mestizia con la quale si abbassano gli occhi, quasi a voler cercare qualcosa sull’asfalto che dia un fiato di speranza. Guardavo “Cials” fissare il prato con l’invidia per quei fili d’erba che stavano  davanti a lui. Vorrei essere uno di voi probabilmente avrà pensato. Un filo abbracciato ai raggi del sole dopo la tempesta del giorno prima. La tempesta che ti ha piegato, ma oggi tu sei di nuovo qua. Mostri il tuo volto alla luce e ne spremi il calore e la vita. Io invece dalla tempesta non riesco ad uscire e come nelle sabbie mobili ogni sforzo spinge sempre più in basso.

Ai microfoni delle TV dai suoi occhi si intuisce così tanta fragilità e impotenza da non potere fare a meno di condividere la sua frustrazione.

Vorrebbe andare a Lourdes . Caro “Cials”, a parte l’inutilità del viaggio credo che il treno si guasterebbe prima dell’arrivo.

Probabilmente avrebbe molto più potere un pellegrinaggio a Milton Keynes. Li c’è veramente chi i miracoli li sappia fare.

Ieri invece mi sembravi il fratello sfigato di Paperino.

Cosa possiamo dire che non abbiamo già detto per toglierti almeno un sasso da quelli che hai nello zaino?  Cosa possiamo augurarti e augurarci che non ti abbiamo già augurato?

Probabilmente l’unica speranza, credi ancora in questa parola(?), l’unico appiglio sulla realtà fattuale è che probabilmente ormai abbiamo esaurito le casistiche dell’imponderabile, dell’impossibile , dell’inverosimile. Ma poi sarà vero? In questo momento in questo team mai dire mai assume solo le smorfie del “malo destino”.

Non ho più parole consigli e speranze.

Verstappen. Norris. Alonso. Perez . Sainz. Galsy. Hamilton e a seguire altri piloti…tra i quali alcuni che non hanno finito la gara.

Ma che almeno l’hanno iniziata, e di questi tempi non è poco.

 

Sergio Mapelli

 

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VersTREppen

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VersTREppen

 

 

E sono 3. Tre vuol dire entrate nell’Olimpo dei grandi. Sentire il team radio di Lambiase al termine della Sprint Race di sabato con l’elenco dei pochissimi piloti entrati nel ristretto clan dei 3 volte campioni de mondo fa effetto. Lauda, Senna, Piquet …. Chissà come risuonavano nella testa del buon Max. Soprattutto perché per gli altri il palmares è ormai immutabile, mentre per il pilota olandese potrebbe essere anche un risultato nel mezzo del cammin della sua vita (sportiva). Quelle immagini poi viste in Tv, di Schumy che bacia il bambino biondino figlio di Jos , visto con gli occhi di oggi è un vero e proprio passaggio di consegne. Un segno del destino se c’è n’è uno. 26 anni 3 mondiali. Solo Vettel ha fatto meglio ma poi, anche a causa del successivo approdo in Ferrari, il suo cammino si è fermato a 4. Verstappen, che di salire “sul cetriolo rosso” non ci pensa proprio, probabilmente invece arriverà oltre i 4 titoli.

Celebrato il nuovo-vecchio campione del mondo ci sarebbe da parlare di chi segua. E quindi di McLaren, Mercedes e Ferrari. Ma sarebbe veramente tempo perso. Meglio rimandare qualsiasi valutazione, considerazione al 2024. Del resto le prestazioni degli “altri” sono talmente inferiori e alternanti che ogni valutazione lascerebbe il tempo che trova.

Meglio analizzare il disastro di Gp  che è andato  in mondovisione. Purtroppo per Liberty Media. Ma soprattutto per noi, che ogni volta pensiamo di aver visto il peggio e invece ogni volta ci ritroviamo a dover aggiornare il livello al ribasso.

In pratica una brutta copia made in Qatar. E pensare che questo paese prima che il petrolio entrasse ad occupare il 90% dei suoi introiti basava la sua economia sulle perle. Beh oggi abbiamo assistito a tutto tranne che a una perla. Ma neanche a una copia in plastica.

È stato il trionfo del “no Sense”. Per tutto il week end. Iniziando dalla “spiaggia” sulla quale hanno girato al venerdì, passando per i track limits delle prove del sabato e finire con il pallottoliere della Pirelli la domenica. Abbiamo visto di tutto. Cordoli che rovinano le macchine ma soprattutto le gomme. Tanto che Pirelli, come detto, per il G domenicale ( o Domenicali fate voi…) ha posto un out-out sull’utilizzo delle gomme fissando un target massimo di giri percorribile con ogni treno in 18 giri. Pena, il venir meno alle minie condizioni di sicurezza. E quindi tutti a fare i conti con i giri da poter percorrere con le gomme facendo la differenza tra quelli già fatti nelle prove e quelli ancora disponibili, per arrivare a un totale di 18. Tutti con la calcolatrice in mano. Con conseguenti pit stop forzati, con soste su soste e caos su caos. A complicare ulteriormente le cose, le condizioni climatiche. Temperature  e umidità tali da mettere veramente a rischio la salute dei piloti. Uno tra tutti Sergeant costretto a fermarsi per limite fisico raggiunto. Ascoltando il team radio per un attimo il pensiero è andato a Lauda nel 1976 quando al Fuji scese dalla macchina perché aveva paura di correre e il team voleva inventare un guasto tecnico per nascondere la sua “debolezza”. Qua invece è stato proprio il suo box a dirgli di fermarsi e di non vergognarsi di non riuscire più a continuare. Complimenti al box Williams. Il problema è che più piloti sono arrivati al limite . Ocon ha detto di aver vomitato due volte. Al 14esimo e al 15esimo giro. Stroll è sceso a fatica dalla macchina. Russell e Norris staccavano le mani a 330 km/h per cercare un po’ d’aria. Insomma se devo unire i puntini del Qatar esce un grande STOP. A parte i soldi che Liberty media fagocita da gare così, secondo voi c’è un altro motivo per andare a correre su un circuito del genere?

E poi. Tra tutti i pretendenti  ad avere un Gp di F 1 che, sempre la suddetta Liberty millanta di avere, possibile che non si riesca proprio a trovare qualcosa di meglio?

O davvero ormai conta solo il contorno?

Perché se così fosse, alla fine basta saperlo perché non ce l’ha ordinato il dottore di vedere la F1. Il motor sport è strapieno di altre categorie avvincenti. Sarebbe il caso di porre rimedio a questo strazio e di ridare dignità a questo sport, che assomiglia sempre più a una marchetta ambulante da miliardi di euro. Prima che a vomitare non siano solo i piloti ma anche gli spettatori.

 

Ammesso, che non l’abbiano già fatto.

 

Sergio Mapelli

 

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Abbiamo scherzato?

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Abbiamo scherzato?

 

 

 

Abbiamo scherzato?

Abbiamo scherzato.

Avete presente Singapore?

Ecco dimenticatevelo. Oppure no?

Negare il dominio Rb sul circuito dalle “curve a mandorla” sarebbe da pazzi , soprattutto nel giorno in cui a sei – dico sei – Gp dalla fine Horner è già sul podio per sollevare il trofeo del titolo costruttori. Io credo che nessuno si aspettasse qualcosa di diverso. La Rb è arrivata in Giappone con l’occhio della tigre per dimostrare al mondo intero che la sua Rb19 è sempre di gran lunga la miglior macchina del lotto e che , soprattutto, le ultime direttive tecniche nulla hanno intaccato nel loro dominio. Come dire , la nostra macchina è regolare e TD18 o meno noi dominiamo. E a prima vista chi potrebbe dire il contrario?

Però qualcosina da dire ci sarebbe lo stesso. Perché se vado a leggere la classifica del Gp del Sol Levante anno 2022 vedo che il dominio è stato assoluto, con Perez al secondo posto. Qua invece , problematiche e incidenti a parte, Perez anche nei giri (pochi) avuti a disposizione per farsi vedere non ha mostrato di avere una macchina “missile” così come l’ha chiamata Max. E sta proprio in tutta l’enfasi e la grinta messa in pista da Rb in cui si vede qualcosa di strano. Hanno montato un motore nuovo e hanno cominciato a spingere sin dal primo giro del venerdì senza mai alzare il piede fino alla bandiera a scacchi. Un po’ come Hamilton, dalla sprint race d’Interlagos 2021 fino a domenica, dopo la squalifica subita in qualifica per via di un Drs dalla “bocca” troppo grande. Sintomo di forza? Forse si. Anzi sicuramente si , ma c’è anche qualcos’altro. Come una sorta di voglia di cancellare i dubbi che da più parti si erano levati dopo la prestazione di Singapore. Ma sorge comunque un dubbio. Quanto c’è di Verstappen e quanto di RB? Per spiegarmi meglio. La sensazione che avevano tutti dopo il Gp del Giappone del 2022 era di una macchina dominante, anche in una stagione dove gli avversari erano molto più vicini di quanto lo fossero quest’ anno, mentre oggi la sensazione è quella di aver visto un pilota dominante. Quindi dubbi fugati? Si, ma anche no. Perché la certezza  che qua Verstappen avrebbe vinto credo l’avessero tutti. Gli occhi erano casomai puntati su Perez perché è lui la “cartina tornasole” del reale valore della Rb. E da quanto abbiamo visto dal venerdì alla domenica tutto si può dire guardando la RB numero 11, tranne il fatto di vedere una macchina dominante. È vero, altre volte quest’ anno abbiamo visto la stessa cosa, ma qui il team era atteso a una prova di forza con entrambi i piloti. Perché se vuoi dimostrare al mondo che sei ancora quello di prima dovevi mettere due vetture ai primi due posti. Come l’anno scorso.

Però in F1 conta vincere e non dominare e in Rb lo stanno facendo con soluzione di continuità. Il problema casomai c’è l’hanno gli altri, che alternano prestazioni e posizioni a seconda del tipo di layout o di compound usati. Ferrari , McLaren e Mercedes si alternano di volta in volta nel ruolo di contender, ammesso che di tale ruolo si possa parlare quando vinci un Gp su 18.

In Giappone è stato il turno della McLaren che ha occupato il secondo e terzo gradino del podio. La Ferrari ha contenuto i danni recuperando punti sulla Mercedes ma facendo queste classifiche si ha proprio la sensazione di parlare di un campionato di serie B.

Ultima considerazione va alle gare alle quali stiamo assistendo ormai da un bel po’. Che senso ha fare Gp di 300km se poi i primi 200 scorrono vedendo piloti che girano 2″ più piano di quello che potrebbero fare, perché devono consumare poco le gomme, il carburante, il motore e i freni? Ormai siamo all’assurdo che le gare di durata siano fatte “a tutta” dalla prima alla 24 esima ora e i Gp di F1 in pratica sono fatti al risparmio, tranne per qualche spezzone di gara qua e là. Siamo all’ennesimo controsenso che forse dovrà valutare il caso di cambiare il nome, perché con la F1 che abbiamo in mente e nel cuore noi che la seguiamo da 50 anni ormai non ha più niente a che fare. Ma forse è colpa nostra che andavano a vedere le macchine e non, le ruote panoramiche….

 

Sergio Mapelli

 

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